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Cytotest® - Cytotoxic Test®

  • sottotitolo: Dispositivo Medico Diagnostico in Vitro per intolleranze alimentari

Cytotest®- Cytotoxic test®

Il Cytotest®- Cytotoxic test® è un Dispositivo Medico Diagnostico in Vitro (IVD) utilizzato per l'identificazione e la valutazione di intolleranze alimentari (reazioni avverse agli alimenti non IgE mediate) mediante l’osservazione e la valutazione di eventuali alterazioni/modificazioni morfologiche dei leucociti presenti nel campione di sangue prelevato dal paziente e messo a contatto con gli estratti alimentari.
Il dispositivo Cytotest®- Cytotoxic test® è destinato all’uso esclusivamente professionale.

Le intolleranze alimentari

Le intolleranze alimentari, da non confondere con alle allergie alimentari IgE mediate, rappresentano un fenomeno concreto e molto diffuso e spesso sono responsabili di affezioni e condizioni di malessere che caratterizzano il nostro tempo.

Le intolleranze alimentari non comportano la produzione di anticorpi IgE ma si manifestano come reazioni cellulo-mediate ritardate verso alimenti assunti quotidianamente e/o frequentemente.

Differenza tra allergie e intolleranze

Il termine “allergia”, cioè altra reazione, venne usato per la prima volta nel 1906 da Clemens Von Pirquet, un medico viennese, specialista in pediatria.

Egli definì l’allergia come un’alterata capacità acquisita e specifica, di reagire a sostanze estranee alle cellule dell’organismo.

La reazione si esplica tramite l’azione del sistema immunitario, che rappresenta un vero e proprio sistema di difesa dell’organismo da tutti gli agenti esterni all’organismo stesso; tali agenti estranei possono essere: nocivi, quali microrganismi tipo virus, batteri ecc., o innocui, quali, per esempio, le sostanze chimiche e alimentari.

Molto semplicemente, il sistema immunitario è composto da diversi tipi di leucociti quali linfociti macrofagi, granulociti neutrofili, monociti, tutte chiamate fagociti, in quanto deputate all’inglobamento di sostanze tossiche e alla loro successiva eliminazione; i linfociti si dividono in due gruppi: linfociti T e linfociti B.

A loro volta i linfociti T si suddividono in: soppressori, ausiliari e killer.

I linfociti B sono molto importanti per la loro capacità di produrre le immunoglobuline, sostanze chimiche dirette contro il corpo estraneo, dette anticorpi specifici, che possono difendere l’organismo in diverse patologie infettive e allergiche.

La risposta immunitaria si articola sotto molteplici aspetti al livello delle varie componenti cellulari, sia con un contatto diretto intercellulare, sia con la produzione di immunoglobuline.

Quando si presenta un’infezione da microrganismi, il sistema immunitario, di solito, conserva la memoria del corpo estraneo che ha provocato l’infezione; si costituisce così il fenomeno dell’immunità.

Questo complesso fenomeno si realizza attraverso tappe ben precise nelle quali, in breve, alcuni linfociti contattano il corpo estraneo (detto antigene), passano informazioni ad altre cellule deputate a produrre specifiche sostanze, chiamate anticorpi, che aggrediranno a loro volta gli antigeni.

Gli anticorpi o immunoglobuline sono di cinque tipi principali: le IgA, le IgM, le IgD, le IgG (e sottotipi) e le IgE.

L’azione difensiva, oltre che con la produzione di immunoglobuline, si verifica mediante la liberazione di mediatori chimici, quali, tra i più importanti, l’istamina, la serotonina, gli enzimi lisosomiali, i fattori chemiotattici, il fattore di aggregazione piastrinica.

Vi sono quattro tipi distinti di reazioni difensive del sistema immunitario:

Tipo I

La reazione è mediata dalle IgE che vengono prodotte dopo l’esposizione agli allergeni.
Queste immunoglobuline si legano alla superficie dei mastociti, dei granulociti e dei linfociti basofili presenti a livello dei tessuti.
Quando l’allergene entrerà nell’organismo e vi sarà il contatto con le IgE, avverrà la liberazione istantanea, da parte delle cellule, dei mediatori chimici sopramenzionati, primo fra tutti l’istamina, spesso responsabile delle reazioni allergiche propriamente dette: eritema, edema, prurito, bruciore a livello cutaneo.

Tipo II

La reazione è mediata dalle IgM-IgG e dalle cellule, in questo caso i linfociti killer.
In questa reazione l’organismo combatte microrganismi viventi mediante la produzione di immunoglobuline IgM e IgG, che aderiscono alla parete cellulare dell’ospite in modo che i linfociti killer lo possano riconoscere.

Questo tipo di reazione si verifica, talvolta per errore, anche verso i costituenti stessi dell’organismo; in questo caso avremo le malattie autoimmunitarie; lo stesso fenomeno si può osservare con l’assunzione di farmaci tossici.

Tipo III

La reazione è mediata da immunocomplessi. In questa reazione si formano le immunoglobuline IgG e IgM contro antigeni “solubili” come, per esempio, le tossine batteriche, gli alimenti, le sostanze chimiche e naturali.

Le immunoglobuline prodotte si uniscono agli antigeni, attivando il complemento (serie di proteine presenti nel siero), e questo attrarrà i fagociti che distruggeranno i corpi estranei.

Tipo IV

La reazione è mediata dai linfociti T.
In questa reazione, che si sviluppa solitamente due o tre giorni dopo la comparsa della sostanza estranea, i linfociti T, citotossici, che sono stati sensibilizzati in precedenza, attaccano le cellule organiche infettate.

Questo tipo di reazione è quello che si presenta in caso di rigetto di organi trapiantati e di malattie degenerative; è detto anche immunoreazione ritardata.
Da quando si sono “scoperti” gli anticorpi IgE e si è visto chiaramente che molti sintomi allergici (rinite, naso chiuso, congiuntivite, occhi che lacrimano, asma, ecc.) sono correlati alla quantità di questi anticorpi nel sangue, si definiscono malattie allergiche solo quelle dove vi è una presenza elevata dei suddetti anticorpi.

Questo è stato di estrema importanza per definire i meccanismi alla base dei vari processi allergici ma contemporaneamente ha escluso dalla definizione di allergia tutti quei fenomeni di intolleranza alimentare che implicano un coinvolgimento del sistema immunitario ma senza la produzione di anticorpi IgE.

Quindi in conclusione si può parlare di allergie alimentari solo quando ritroviamo nel sangue un eccesso di immunoglobuline E (IgE) che in presenza della sostanza estranea (allergene) sia essa polline o polvere o alimento, si agganciano su alcuni tipi di globuli bianchi che liberano l’istamina che causerà infiammazione, gonfiore dei tessuti, ecc.
Si parla invece di intolleranze alimentari, quando non vi è la produzione di anticorpi IgE e le reazioni non sono immediate ma croniche.

I disturbi, infatti, non sono in diretta relazione all’assunzione ma si possono verificare a distanza di tempo fino a 72 ore dopo, i sintomi e le malattie si possono sviluppare a carico di qualsiasi organo-apparato-sistema.
Il meccanismo che causa lo scatenamento di queste manifestazioni si deve ricercare nella reazione del sistema immunitario che in presenza di alcuni alimenti li riconosce come dannosi ed estranei, e di conseguenza reagisce.

Nello specifico si parla di intolleranze alimentari quando:

  • non vi è la produzione di anticorpi IgE;
  • le reazioni non sono immediate ma croniche; i disturbi, infatti, non sono in diretta relazione all’assunzione dell’alimento ma si possono verificare a distanza di tempo fino a 72 ore dopo e sono una reazione cronica ad alimenti assunti frequentemente come grano, latte, pomodoro, olivo, caffè e così via;
    • spesso, trattandosi di un accumulo di alimenti intollerati, sono proprio gli alimenti più graditi e che si mangiano quotidianamente a esserne i responsabili e la temporanea sensazione di benessere dopo l’assunzione degli stessi, si avverte perché si innesca un meccanismo simile a quello di dipendenza da alcol, droga o tabacco;
    • il fenomeno, pertanto, si può accompagnare a disturbi di assuefazione, dipendenza e relativa astinenza in caso di sospensione;
  • i sintomi e le malattie si possono sviluppare a carico di qualsiasi organo-apparato-sistema; il bersaglio può cambiare nel tempo e i disturbi causati dalle intolleranze alimentari possono essere anche molto diversi tra loro;
  • i sintomi non sono proporzionali alla quantità dell’alimento intollerato introdotto, quindi non sono dose-dipendente, anche piccole quantità possono mantenere l’intolleranza;
  • sono frequenti reazioni trasversali tra alimenti della stessa famiglia biologica o gruppo; quindi, assumere alimenti collaterali vuol dire non disintossicare l’organismo e mantenere l’intolleranza;
  • dopo un periodo di astensione da cibi o additivi risultati tossici, l’intolleranza scompare e gli alimenti possono essere gradualmente reintrodotti.

Sintomi associati alle intolleranze alimentari

A volte, pur non essendo in presenza di una specifica malattia o di una patologia, si manifestano disturbi ricorrenti e persistenti che non trovano soluzione, qualunque sia l’approccio terapeutico.
Le manifestazioni legate alle intolleranze alimentari sono talvolta correlate a forti condizioni di stress, che rendono l’organismo più sensibile e che possono portare a disturbi emotivi tali da indebolire ancor più l’equilibrio psico-fisico.

I sintomi associati alle intolleranze alimentari, che si possono manifestare anche congiuntamente, in modo più o meno importante, sono:

astenia, cefalea, nausea, meteorismo, diarrea, gonfiori, dolori addominali post-prandiali, infezioni ricorrenti, dolori articolari, alterazioni cutanee come orticaria, disidrosi, eczemi, dermatiti, ritenzione di liquidi, disordini del peso corporeo con variazioni sia in eccesso che in difetto ma anche stanchezza cronica e insonnia e molte altre che riconoscono spesso nell’intolleranza alimentare la causa diretta-indiretta.

Come si individuano le intolleranze alimentari

Il Gold Standard nella diagnosi dell’intolleranza alimentare è la dieta ad eliminazione che consiste nell’eliminare per una o due settimane l’alimento (tutta la famiglia biologica) che viene assunto dal paziente con più frequenza, o che in base all’anamnesi si sospetta sia quello mal tollerato.

Il Cytotest® - Cytotoxic Test® è un metodo alternativo alla dieta ad eliminazione sicuramente più rapido ed efficace che si basa sull’osservazione e sulla valutazione di eventuali alterazioni/modificazioni morfologiche dei leucociti presenti nel campione di sangue prelevato dal paziente e messo a contatto con gli estratti alimentari.

Tra le metodiche diagnostiche, da sempre molto osteggiate e criticate, il Cytotest® o Cytotoxic Test® ha costantemente ottenuto riconoscimenti per l’affidabilità e l’efficacia.

Storia della tecnologia

La consapevolezza che gli alimenti potessero essere causa di disturbi anche gravi, si riscontra già nell'antichità con il medico greco Ippocrate.
Nel corso dei secoli molti altri studiosi hanno potuto verificare il fenomeno ma, solo nel 1924, i medici statunitensi, il Dott. H. Rinkel e, successivamente il Dott. T. G. Randolph enunciarono le loro teorie in merito alle reazioni “anomale” che l’assunzione di determinati alimenti poteva provocare nell’individuo.
Il primo a notare questa correlazione, fu Albert Rowe di Chicago nel 1920.

Rowe si accorse come numerosi pazienti miglioravano le loro diverse sintomatologie tipo coliti, dolori osteo-articolari, astenie, bronchiti asmatiche, riniti, ipertensioni, dismenorree, sintomi psichiatrici, cefalee, dermatiti ed altro alla sola sospensione di determinati alimenti; in taluni casi, addirittura, si aveva la completa remissione della sintomatologia precedentemente lamentata e resistente alle comuni terapie del tempo.

L’argomento venne affrontato per la prima volta nel 1951 dal Dott. T. G. Randolph di Chigago che, basandosi sugli studi di Rowe e di Rinkel, nella pubblicazione “Food Allergy”, ipotizzò come molte malattie croniche potessero avere origine da disordini alimentari.
Randolph definì questi fatti come “Allergia Alimentare” e questo termine non poté non dimostrarsi errato proprio quando l’Allergologia stava iniziando a definire ed a comprendere i meccanismi alla base delle “Allergie” ed a considerare come tali solo quelle manifestazioni legate ad un interessamento degli anticorpi IgE ed Istamina. Certamente Randolph aveva sbagliato nella definizione ma non nella sostanza clinica.

Quindi era chiaro ed evidente come tutti i fenomeni da cibo, descritti e curati da Randolph, non potevano rientrare nel campo dell’Allergologia e questo causò l’allontanamento, lo scetticismo e l’emarginazione scientifica del medico statunitense e dei suoi allievi, anche se, facendo digiunare, sotto rigoroso controllo, soggetti ospedalizzati e poi rialimentandoli con determinati cibi, giunse a scoprire un nuovo metodo terapeutico.
Tale metodo era tuttavia lungo e laborioso e per analizzare una cinquantina di alimenti erano necessarie molte settimane.

Si cercò quindi di trovare metodiche più veloci e nello stesso tempo abbastanza attendibili per raggiungere gli stessi risultati di Randolph e quindi di capire se nel sangue si potessero trovare indicatori che dimostrassero una causa alimentare dei disturbi presentati dai pazienti.
I primi approcci risalgono al 1947 quando alcuni immunologi anglosassoni, tra i quali Squier e Lee, osservarono in vitro una diminuzione del numero dei leucociti (fino ad un massimo del 33%) in pazienti che erano stati a contatto con determinati alimenti, ma, il primo studio sulla reazione citotossica degli alimenti sul sangue, fu condotto da Arthur Black che, nel 1956, ideò il Test Citotossico.

Arthur Black osservò il comportamento dei leucociti in vitro messi a contatto con gli allergeni alimentari rilevando modificazioni morfologiche cellulari in corrispondenza degli alimenti cui gli individui risultavano sensibili.
In presenza di anticorpi specifici verso l'allergene, i leucociti polimorfonucleati presentavano reazioni tossiche con morte cellulare che sopraggiungeva nell'arco di un periodo compreso tra i 15 minuti e qualche ora.

Se le reazioni erano forti e immediate, si sospettava la sensibilità clinica dell'allergene.
Il principio di Black è alla base di numerosi altri test di ricerca che si sono succeduti negli anni soprattutto in Usa e nei paesi anglosassoni.

Nel 1959 uno tra i più noti immunologi, il Prof. Byron Waksman, pubblicò diversi studi sugli effetti tossici delle reazioni antigene-anticorpi sulle cellule ed in particolare il testo "Aspetti cellulari e umorali in condizioni di ipersensibilità".
Ulteriori progressi nello studio e nella determinazione di un metodo di indagine furono conseguiti da vari studiosi, in particolare da Bryan e Bryan, agli inizi degli anni'60.

Il Test statunitense consisteva nel verificare in vitro l’azione citotossica di certi alimenti, azione che si manifestava con le modificazioni morfologiche dei neutrofili contenuti in un prelievo sanguigno e permetteva di diagnosticare le intolleranze alimentari evitando ai pazienti lunghe ed estenuanti diete a eliminazione.
Nel 1984 i fondatori di Cytodiagnostic srl importarono la metodica dagli Stati Uniti e cominciarono ad applicarla in Italia con l’obiettivo primario di standardizzarla, e di renderla riproducibile ed attendibile.

Per oltre 15 anni un team di ingegneri e professionisti del settore studia, progetta e perfeziona il Kit diagnostico sino ad elaborare un prototipo robotizzato per automatizzare e standardizzare la produzione dell’IVD che dal 2001 è fabbricato e commercializzato in Italia e all’estero da Cytodiagnostic srl.

Descrizione del Dispositivo Medico Diagnostico in Vitro Cytotest® - Cytotoxic Test®

La confezione commerciale contiene un Kit con 5 determinazioni, ognuna per l’esecuzione di un test diagnostico, le Istruzioni per l’Uso (IFU) e la Dichiarazione di Conformità.
Le determinazioni sono composte da un numero di vetrini da laboratorio variabile a seconda della tipologia del kit utilizzato.
Il dispositivo viene fornito in cinque differenti tipologie:

Cytotest® - Cytotoxic Test®- 5FHCT51 Kit 51 alimenti

 

N. VETRINO

SOSTANZA 1

SOSTANZA 2

SOSTANZA 3

VETRINO N. 00

Controllo negativo

Controllo negativo

Controllo negativo

VETRINO N. 01

Grano

Grano controllo

Lievito

VETRINO N. 02

Riso

Mais

Soia

VETRINO N. 03

Latte

Latte controllo

Bovino

VETRINO N. 04

Uova

Uova controllo

Pollo

VETRINO N. 05

Maiale

Coniglio

Zucchero

VETRINO N. 06

Pomodoro

Patata

Carciofo

VETRINO N. 07

Fagiolo

Pisello

Oliva

VETRINO N. 08

Tonno

Gambero

Carota

VETRINO N. 09

Caffè

The

Cacao

VETRINO N. 10

Mela

Banana

Arancia

VETRINO N. 11

Limone

Ananas

Uva

VETRINO N. 12

Fragola

Ciliegia

Pesca

VETRINO N. 13

Mandorla

Noce

Camomilla

VETRINO N. 14

Orzo

Grano saraceno

Lenticchia

VETRINO N. 15

Aglio

Trota

Salmone

VETRINO N. 16

Merluzzo

Tacchino

Cipolla

VETRINO N. 17

Peperone

Cavolfiore

Cicoria

 

Cytotest® - Cytotoxic Test® - 5AHCT21 Kit 21 sostanze chimiche

N. VETRINO

SOSTANZA 1

SOSTANZA 2

SOSTANZA 3

VETRINO N. 00

Controllo negativo

Controllo negativo

Controllo negativo

VETRINO N. 01

Glutine di grano

Acido acetil-salicilico

Acido L-ascorbico E30

VETRINO N. 02

Potassio sorbato E202

Sodio benzoato E211

Paraossibenzoato di metile E218

VETRINO N. 03

Etilvanillina

Ammonio carbonato E503

Cremortartaro

VETRINO N. 04

Lecitina di soia E322

Pirofosfato di sodio E450

Alginato di sodio E401

VETRINO N. 05

Solfato di nichel

Tartrazina E102

Eritrosina E127

VETRINO N. 06

Farina di semi di carrube E410

Farina di semi di guar E412

Pectina E440

VETRINO N. 07

Lattosio

Sodio metabisolfito E223

Acido citrico E330

Cytotest® - Cytotoxic Test® - 5AFHCT51 Kit 51 sostanze alimentari e chimiche

N. VETRINO

SOSTANZA 1

SOSTANZA 2

SOSTANZA 3

VETRINO N. 00

Controllo negativo

Controllo negativo

Controllo negativo

VETRINO N. 01

Grano

Grano controllo

Lievito

VETRINO N. 02

Riso

Mais

Soia

VETRINO N. 03

Latte

Latte controllo

Bovino

VETRINO N. 04

Uova

Uova controllo

Pollo

VETRINO N. 05

Maiale

Coniglio

Zucchero

VETRINO N. 06

Pomodoro

Patata

Carciofo

VETRINO N. 07

Fagiolo

Pisello

Oliva

VETRINO N. 08

Tonno

Gambero

Carota

VETRINO N. 09

Caffè

The

Cacao

VETRINO N. 10

Mela

Banana

Arancia

VETRINO N. 11

Glutine di grano

Acido acetil-salicilico

Acido L-ascorbico E30

VETRINO N. 12

Potassio sorbato E202

Sodio benzoato E211

Paraossibenzoato di metile E218

VETRINO N. 13

Etilvanillina

Ammonio carbonato E503

Cremortartaro

VETRINO N. 14

Lecitina di soia E322

Pirofosfato di sodio E450

Alginato di sodio E401

VETRINO N. 15

Solfato di nichel

Tartrazina E102

Eritrosina E127

VETRINO N. 16

Farina di semi di carrube E410

Farina di semi di guar E412

Pectina E440

VETRINO N. 17

Lattosio

Sodio metabisolfito E223

Acido citrico E330

Cytotest® - Cytotoxic Test® - 5FHCTR51 Kit 51 alimenti R

N. VETRINO

SOSTANZA 1

SOSTANZA 2

SOSTANZA 3

VETRINO N. 00

Controllo negativo

Controllo negativo

Controllo negativo

VETRINO N. 01

Grano

Grano controllo

Lievito

VETRINO N. 02

Riso

Mais

Soia

VETRINO N. 03

Latte

Latte controllo

Bovino

VETRINO N. 04

Uova

Uova controllo

Pollo

VETRINO N. 05

Maiale

Coniglio

Zucchero

VETRINO N. 06

Pomodoro

Patata

Girasole

VETRINO N. 07

Fagiolo

Pisello

Oliva

VETRINO N. 08

Tonno

Gambero

Carota

VETRINO N. 09

Caffè

The

Cacao

VETRINO N. 10

Mela

Banana

Arancia

VETRINO N. 11

Limone

Ananas

Uva

VETRINO N. 12

Fragola

Mirtillo

Pesca

VETRINO N. 13

Mandorla

Noce

Camomilla

VETRINO N. 14

Orzo

Grano saraceno

Avocado

VETRINO N. 15

Aglio

Trota

Salmone

VETRINO N. 16

Merluzzo

Tacchino

Cipolla

VETRINO N. 17

Cetriolo

Cavolfiore

Zucca

Cytotest® - Cytotoxic Test® - 5DCCT29 Kit ad uso veterinario per cane/gatto

N. VETRINO

SOSTANZA 1

SOSTANZA 2

SOSTANZA 3

VETRINO N. 01

Controllo negativo

Grano

Lievito

VETRINO N. 02

Riso

Mais

Soia

VETRINO N. 03

Latte

Bovino

Agnello

VETRINO N. 04

Uova

Pollo

Tacchino

VETRINO N. 05

Maiale

Coniglio

Equino

VETRINO N. 06

Pomodoro

Patata

Oliva

VETRINO N. 07

Tonno

Merluzzo

Salmone

VETRINO N. 08

Trota

Barbabietola

Orzo

VETRINO N. 09

Avena

Segale

Grano saraceno

VETRINO N. 10

Potassio Sorbato E202

Acido L-ascorbico

Eritrosina E127

Materiale occorrente per l’esecuzione del test

L’esecuzione del test richiede strumenti e materiali comunemente utilizzati nei laboratori di analisi.

Per il prelievo del campione ematico:

  • Disinfettanti per la cute: alcol, clorexidina o tamponi o salviette di iodopovidone
  • Guanti non sterili
  • Laccio emostatico, monouso
  • Sistema di aghi (ago e siringa, o ago e provetta sottovuoto)
  • Provette per la raccolta del sangue (Provetta con 0,5 ml di citrato di sodio al 3,8% o provetta per la coagulazione sodio citrato)
  • Materiali per la medicazione (cotone idrofilo, cerotti, nastro adesivo)

Per l’esecuzione del test:

  • Centrifuga da 1000-1500 giri/min con braccio oscillante o rotante
  • Guanti non sterili
  • Vassoio portavetrini da laboratorio 20 posti
  • Micropipette da 200  ml, da 50 ml e da 2 ml
  • Acqua distillata
  • Cuvette EPPENDORF
  • Vetrini coprioggetto 18 x 18
  • Microscopio ottico con obiettivo 40x

Preparazione del campione ematico

Effettuare un prelievo endovenoso di sangue compreso tra i 2 e i 5 ml;
Il sangue prelevato deve essere miscelato all’interno di una provetta con 0.5 ml di Citrato di sodio al 3.8% o della comune provetta della coagulazione sodio citrato. 
La miscela ottenuta deve essere centrifugata per 10 minuti a bassa velocità (1000-1500 giri/min) o lasciata sierare, possibilmente in frigo, e comunque ad una temperatura compresa tra 4°e 8° C.

Esecuzione del test

Le operazioni necessarie per l’utilizzo del dispositivo Cytotest® - Cytotoxic Test® e gli accorgimenti necessari per la buona riuscita dell’analisi, cui l’operatore deve rigorosamente attenersi, sono dettagliatamente descritti nelle Istruzioni per l’uso (IFU) presenti in ogni confezione commerciale e nel manuale d’uso fornito da Cytodiagnostic srl.

La lettura deve iniziare con l’osservazione del vetrino n. 00, il controllo negativo, che rappresenta l’elemento comparativo (bianco) ai fini della individuazione di una reazione positiva.
Si parla di reazione positiva solo qualora l’osservazione evidenzi un danneggiamento cellulare con una frequenza superiore al 60-70% sia all’interno dello stesso campo sia nella somma tra i campi analizzati. 
La reazione deve essere classificata in base al tipo di alterazione morfologica del leucocita.

1° Grado - LEUCOCITI NORMALI:

  •       impilamento normale dei globuli rossi;
  • globuli rossi normocromici;
  • non si osserva nessuna deformazione morfologica dei globuli rossi;
  • la membrana dei leucociti è ben conservata.

 reazione primo grado

2° Grado - LEUCOCITI RIGONFI:

  • impilamento normale dei globuli rossi;
  • globuli rossi normocromici;
  • leucociti vacuolizzati con leggera alterazione della membrana.

leucociti rigonfi3° Grado - LEUCOCITI VACUOLIZZATI:

  • assenza di impilamento dei globuli rossi;
  • globuli rossi tendenti all’ipocromia;
  • leucociti vacuolizzati con una parziale rottura della membrana seguita da una perdita dei granuli citoplasmatici.

reazione terzo grado

4° Grado - LEUCOCITI IN DISGREGAZIONE:

  • l’impilamento dei globuli rossi è sempre meno evidente;
  • i globuli rossi appaiono ipocromici;
  • i leucociti si presentano in disgregazione con una rottura totale della membrana.

reazione quarto grado

Risultato del test

Il risultato del test deve prevedere l’eliminazione dell’alimento per un periodo dipendente dal grado di reazione e precisamente:

2° Grado = 4 mesi di astinenza
3° Grado = 6 mesi di astinenza
4° Grado = 6 mesi di astinenza

Inoltre, per ogni alimento risultato positivo occorre eliminare per due mesi gli alimenti collaterali appartenenti alla stessa famiglia biologica
Sarà cura del nutrizionista vagliare attentamente i risultati in modo da prescrivere uno schema alimentare appropriato eliminando tassativamente gli alimenti risultati positivi e le relative famiglie biologiche.

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Psychochemical Odor Test

  • sottotitolo: Screening del metabolismo intermedio

Cosa è l’Odor Test

L’Odor Test o Test dell’olfatto è un metodo di screening che permette di individuare il metabolismo intermedio di un soggetto, ovvero il processo di produzione di energia, attraverso l’ossidazione dei nutrienti, necessaria alla vita cellulare.

L’Odor Test si basa sul principio che la percezione di un determinato odore da parte di un soggetto è influenzata dalle sue caratteristiche biochimiche, cioè dal funzionamento più o meno accentuato dei diversi cicli metabolici che producono energia nel suo organismo; di fatto la velocità e il rendimento di detti cicli sono in grado di produrre piccole variazioni del pH sanguigno che a sua volta influenza nettamente la percezione chimico-olfattiva.

Questo test consiste nel far odorare al paziente, in sequenza, le sostanze contenute in sei diversi flaconi numerati (3 contenenti sostanze di origine vegetale e 3 sostanze di origine chimica) e registrare le risposte scelte tra le opzioni di un’apposita lista.

L'Odor Test fornisce il profilo dello stato nutrizionale del soggetto, che deriva dal contenuto di zuccheri, grassi e anidride carbonica presenti nel suo sangue, dando una visione chiara e immediata di come l’organismo utilizza i diversi nutrienti per rifornirsi di energia.

Il Metabolismo

Il termine metabolismo indica tutti i processi chimici che avvengono nell’organismo e comprende sia il catabolismo che l’anabolismo.

  • Un processo catabolico è una reazione chimica attraverso la quale una sostanza complessa viene scissa in sostanze più semplici ed è associata a liberazione di energia.
  • Un processo anabolico è una reazione chimica mediante la quale sostanze più semplici vengono trasformate in una sostanza complessa ed è associata a consumo di energia, quella stessa energia fornita dai processi catabolici.

Il metabolismo “Basale” è la quantità di energia necessaria per far funzionare il nostro corpo a riposo, rappresenta cioè l’energia minima per mantenere la respirazione, il battito cardiaco, la temperatura corporea e altre funzioni vitali.

Il metabolismo “Intermedio” è la fonte di tutta l’energia dai vari organi, apparati, sistemi e consiste in un processo chiamato respirazione cellulare che avviene in ogni cellula.

A monte di tale processo gli alimenti complessi vengono degradati in sostanze sempre più semplici affinché possano essere ossidati (bruciati) all’ interno delle singole cellule.

Già negli anni ‘50 – ‘60 i biochimici statunitensi avevano compreso come i singoli componenti alimentari subissero una serie di complicate trasformazioni chimiche (ossidazioni) per essere convertiti in energia all’interno delle singole cellule del nostro organismo.

Questi fenomeni ossidativi avvengono grazie all’azione di sistemi enzimatici complessi, i principali sono il ciclo di Krebs e il ciclo dell’acido citrico, a “diversi livelli” che scindono sostanze complesse come carboidrati, proteine e grassi in composti più semplici (aminoacidi, zuccheri, amidi) da cui poi viene tratta l’energia per tutte le diverse funzioni organiche.

Questi sistemi sono influenzabili dal tipo di alimentazione, dalla tipologia e dalla quantità delle varie secrezioni ormonali e soprattutto dalla tendenza individuale variabile e specifica per ogni individuo a utilizzare maggiormente alcune sostanze piuttosto che altre, cioè dal proprio Metabolismo Intermedio.

Classi Metaboliche

Normalmente, alla nascita, tutti, o quasi tutti, presentiamo un metabolismo neutro che tende fisiologicamente verso il veloce, ovvero un metabolismo in grado di assimilare al meglio tutti i diversi costituenti degli alimenti e che ci dà la possibilità di crescere in modo sano e senza particolari squilibri.

In moltissimi casi, nel tempo, questo si altera, deviando verso tipologie di metabolismo non corrette che possono portare vari disturbi e perfino vere e proprie patologie.
Il metabolismo intermedio fu “scoperto” e analizzato, tra gli altri, dal grande biochimico americano George Watson, uno dei padri della Nutrizione Ortomolecolare.

Dopo oltre 20 anni di studi (dal 1952 al 1972) e migliaia di casi analizzati egli classificò tre diversi tipi ben distinti di metabolismo intermedio, coniando i seguenti termini:

  • IPOSSIDATORE o Ossidatore Lento: l’individuo non metabolizza bene i grassi, poco le proteine, meglio gli zuccheri; è caratterizzato da una carenza di forza fisica, mentale ed emotiva in quanto l’organismo non utilizza adeguatamente il glucosio ematico, ed è pertanto incapace di trasformare le proteine e i lipidi in energia.
  • IPEROSSIDATORE o Ossidatore Veloce: l’individuo presenta uno scompenso similmente all’Ossidatore Lento ma per il motivo opposto, ovvero metabolizza troppo velocemente gli zuccheri, poco le proteine, meglio i grassi.
  • Poiché il metabolismo delle proteine e dei lipidi dipende direttamente dalla velocità ossidativa del glucosio ematico, e poiché circa l’80% dell’energia che si acquisisce dagli alimenti deriva dalla completa digestione delle proteine e dei lipidi, gli Ossidatori Veloci mancano di motivazioni, interessi e sono generalmente incapaci di superare ostacoli o ancor meno di eccellere.
  • NORMOSSIDATORE o Ossidatore Variabile: l’individuo non presenta squilibri metabolici particolari, quindi metabolizza bene tutti e tre i componenti degli alimenti, di solito non presenta particolari problemi e ha un peso equilibrato ma potrebbe seguire una dieta non adeguata alle sue potenzialità.

Il metabolismo degli Ossidatori Variabili è instabile e si modifica di giorno in giorno o addirittura nell’arco della medesima giornata, potrebbero cioè essere Iper a colazione e Ipo a cena e di conseguenza, alternare “momenti su e momenti giù”.
Ogni “tipo metabolico” presenta quindi caratteristiche specifiche nel convertire in energia, “bruciare”, gli alimenti.

Per lo specialista, conoscere queste caratteristiche significa, sapere quali tendenze a sviluppare malattie presenta la persona da trattare, sapere quali sono gli eventuali sali minerali e vitamine di cui può avere bisogno e soprattutto sapere con precisione quale è l’alimentazione più corretta per trarre il meglio dal cibo quotidiano.

In particolare, in caso di sovrappeso, conoscendo il Metabolismo Intermedio, sarà possibile prescrivere uno schema nutrizionale finalmente libero dal calcolo delle calorie, ovvero uno schema che non preveda drastiche riduzioni di cibo, ma semplicemente sequenze di alimenti distribuiti nell’arco della giornata, in cui si escludono i cibi mal utilizzati dal tipo metabolico, a favore di quelli meglio metabolizzati.

Come è nato l’Odor Test

Il Dr. George Watson era professore alla University of Southern California. Le sue ricerche nell’ambito della biochimica iniziarono nel 1950 e proseguirono sino alla metà degli anni ’80.

I suoi studi hanno permesso di comprendere il ruolo dell'ossidazione biologica nella definizione dell’individualità metabolica, con particolare riferimento alle condizioni psico-chimiche e ai disordini della personalità.
Il tasso d'ossidazione, com'egli lo descrive, è la velocità con cui i tessuti dell'organismo convertono gli alimenti in energia; in questo complesso processo sono coinvolti la glicolisi, il ciclo di Krebs, il ciclo dell'acido citrico e la beta ossidazione.
Attraverso i suoi test, classificò le persone come Ossidatori Veloci, Lenti o Equilibrati/Variabili.

Gli Ossidatori Veloci presentano un sangue venoso con pH acido mentre gli Ossidatoli Lenti presentano un sangue venoso con pH alcalino.
Il Dr. Watson scoprì che le manifestazioni dello squilibrio fisico e psicologico si realizzano quando il pH venoso si modifica discostandosi, in più o in meno, dal pH sanguigno ottimale pari a 7,4.

Egli studiò la salute e la nutrizione interpretandoli come un problema specifico del paziente piuttosto che come un problema specifico della malattia del paziente, ed affermò che quando il metabolismo (interpretato come capacità ossidativa e come valore del pH del plasma venoso) si discosta in modo rilevante dalla condizione di equilibrio, il paziente è maggiormente soggetto a contrarre malattie.
Nel suo libro "La nutrizione e laTua mente" è chiaramente descritta la sua ricerca.

Individualità Nutrizionale

Il Dr. Watson dimostrò che i cibi che hanno un effetto alcalinizzante su un soggetto, possono avere un effetto acidificante su un altro.

Ogni organismo, infatti, è diverso dagli altri ed ognuno ha necessità nutrizionali specifiche individualmente differenti; citando il Dr. Watson si può affermare che "ciò che per una persona è cibo, per altre può essere veleno".

Solo dopo aver individuato la tipologia metabolica di un determinato soggetto sarà possibile sapere se un cibo acido avrà, per il suo organismo, una azione acidificante e se un cibo alcalino svolgerà una azione alcalinizzante.

Inoltre, poiché gli effetti degli integratori variano in base alla tipologia ossidativa, se non si conosce la tipologia dell’individuo, non sarà possibile sapere se un supplemento nutrizionale quale ad es. calcio, zinco, ecc., sia effettivamente appropriato ed efficace come integratore specifico.

Pertanto, oltre a conoscere la natura acida o alcalina degli alimenti, è di primaria importanza conoscere il tasso ossidativo di un individuo in modo da scegliere correttamente i cibi, le sostanze nutrienti e i supplementi specifici per portare il PH del sangue venoso verso il valore ottimale.

Per individuare rapidamente e con semplicità lo stato ossidativo di un soggetto, il Dr. Watson ideò un sistema d'analisi che chiamò Psychochemical Odor Test.

Durante il periodo del postdottorato all’University of Southern California, mentre svolgeva ricerche sulle teorie relative alla funzione dell'olfatto, Watson scoprì che l’odore soggettivamente percepito di una particolare vitamina, era percepito in maniera diversa quando allo stesso soggetto erano state somministrate varie dosi della stessa vitamina e notò, inoltre, che alcuni soggetti avevano reazioni olfattive diverse secondo la dose di vitamina assunta.

Attraverso il sistema dell'Odor Test, il Dr. Watson riuscì ad individuare precise correlazioni tra la percezione dell’odore ed i livelli di pH del sangue venoso e stabilì che qualsiasi divergenza del pH del sangue, dal livello ideale di 7.4, era associata allo sviluppo di sofferenza psicologica e ad altri sintomi di squilibrio metabolico e fisico.

Secondo il Dr. Watson e i suoi ricercatori, i supplementi nutrizionali prescritti senza conoscere i valori del pH del sangue, hanno frequentemente fornito risultati paradossali: in alcuni soggetti si è riscontrato talvolta un miglioramento del pH ematico, e talvolta, invece, si è verificato un peggioramento del loro stato di salute.

Di contro, utilizzando i risultati ottenuti dall’applicazione dell’Odor Test e quindi avvalendosi di un piano dietetico nutrizionale mirato e correlato alla tipologia metabolica, gli studi hanno evidenziato un notevole miglioramento dello stato psicologico e fisico del paziente.

In breve, l'Odor Test rivela la Tipologia Metabolica (o velocità ossidativa o, indirettamente, il pH venoso) del soggetto e quindi anche lo stato del rapporto acido/base e l'equilibrio omeostatico

dell'organismo, permettendo velocemente e con sicurezza attraverso una dieta e una supplementaszione corretta, la risoluzione di numerosi disturbi e costituendo, un valido sistema di prevenzione che permette di intervenire nella fase iniziale dei disordini metabolici.

Correzione del tasso di Ossidazione

Le Tipologie Metaboliche individuate dal Dr. Watson, come già detto, sono tre:

  • ossidatore veloce, con pH ematico più acido;
  • ossidatore lento, con pH ematico più alcalino;
  • normossidatore, con pH ematico equilibrato.

Occorre qui ricordare che i valori del pH ematico e del pH tissutale sono sempre invertiti; se il pH ematico è acido, quello tissutale sarà alcalino e viceversa.

Questo accade perché le scorie metaboliche, che non è possibile eliminare attraverso i normali emuntori, in questo caso reni e polmoni, sono stoccate in quell'immenso ed ubiquitario magazzino che è il cosiddetto tessuto mesenchimale, allo scopo di ridurre al minimo i danni all’organismo

L'ossidatore veloce, o ipermetabolizzatore, è caratterizzato da un pH ematico acido e da un pH tissutale alcalino. I disturbi che più frequentemente accusa sono i seguenti:

  • Stanchezza improvvisa, crisi ipoglicemiche.
  • Ipereccitabilità nervosa, nervosismo.
  • Allergie, dermatiti.
  • Ulcere dell'apparato digerente, patologie cardiovascolari.
  • Diminuzione delle difese immunitarie, infezioni recidivanti.
  • Artrite reumatoide, osteoporosi.
  • Collagenopatie, obesità, magrezza eccessiva.

L'ossidatore lento, o ipometabolizzatore, è caratterizzato da un pH ematico alcalino e da un pH tissutale acido. I disturbi che più frequentemente accusa sono i seguenti:

  • Stanchezza eccessiva e continua, crisi ipoglicemiche.
  • Depressione, emicranie, cefalee.
  • Secchezza della cute, acne.
  • Disturbi digestivi, stipsi.
  • Cardiopatie, vasculopatie.
  • Asma, allergie.
  •  Osteo-artrite, distrofia muscolare.
  •   Obesità, diabete.
  • Neoplasie.

L'ossidatore equilibrato è caratterizzato da un pH ematico lievemente alcalino e un pH tissutale lievemente acido e presenta un equilibrio omeostatico normale, in pratica l'assenza di malattie attive e una condizione di forza e di benessere ottimale.

Pochissime persone appartengono a questo gruppo; normalmente si considera che circa l'80% della popolazione appartenga al gruppo degli ipometabolizzatori ed il restante 20% a quello degli ipermetabolizzatori.
Una volta stabilita la tipologia metabolica, se questa non è equilibrata, occorrerà mettere in atto le strategie necessarie a ricondurre il tasso d’ossidazione nei parametri fisiologici.

Questo risultato si ottiene utilizzando i corretti supplementi nutrizionali a cui è necessario affiancare opportuni drenaggi per evitare di sovraccaricare gli emuntori di tossine; il drenaggio è essenziale in quanto la correzione della velocità metabolica comporta sempre anche una notevole azione detossificante dei tessuti ed in particolare di quello mesenchimale.
Durante il trattamento di correzione del tasso di ossidazione, la disintossicazione intensa può rendere necessario l’impiego di rimedi sintomatici, da valutare caso per caso.

E’ infine assolutamente necessario associare al trattamento di supplementazione, una corretta dieta alimentare, per evitare di rendere vano e frustrante tutto il trattamento di riequilibrio.
Un ulteriore obiettivo dello Psychochemical Odor Test è infatti quello di individuare le quantità ottimali di nutrienti in rapporto alle necessità individuali. Non esiste un programma nutrizionale standard valido per tutti, il fabbisogno nutrizionale è in qualche maniera paragonabile all’impronta digitale ed è specifico per ogni individuo.

L’Odor Test, congiuntamente ad una serie di linee guida basate sulle necessità individuali, è l’unico modo per capire se un programma nutrizionale sia ottimale per un determinato soggetto.
Prima di ogni altra cosa occorre assicurarsi di prescrivere la giusta quantità di proteine, essenziali per il raggiungimento di una buona performance fisica.

Per proteine si intendono carne, pesce, pollame, uova, latte e formaggi. Solamente queste proteine, tutte di origine animale, contengono gli 8 aminoacidi essenziali che formano una proteina completa.
Cereali, noci e vegetali, pur fornendo diversi aminoacidi essenziali, non hanno un valore proteico giacché l’organismo richiede che tutti e 8 gli aminoacidi essenziali siano presenti nella giusta proporzione e contemporaneamente e le proteine incomplete, invece, sono utilizzate dall’organismo soltanto come valore calorico.

Non tutte le proteine complete sono simili nella composizione aminoacidica, alcune di esse, in particolare, contengono acidi nucleici da cui derivano le purine.
Queste sono molto importanti per gli Ossidatori Veloci e i Normo-Ossidatori perché sono una componente essenziale biochimica per l’immagazzinamento energetico.

Gli Ossidatori Lenti invece ne dovrebbero limitare la quantità ingerita.
Il kit dell’Odor Test è composto da sei flaconi numerati contenenti ciascuno sostanze odorose (tre flaconi contengono sostanze aromatiche naturali e tre sostanze aromatiche prodotte per sintesi).
Seguendo la numerazione, i flaconi vanno fatti rapidamente odorare uno per volta al soggetto, il quale deve individuare, tramite le risposte suggerite nel questionario, quale sensazione olfattiva suscitino in lui.

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E.P.D.

  • sottotitolo:
    (Desensibilizzazione con enzima potenziato)
    Terapia immunomodulante
    (estratto allergenico polispecifico e beta glicuronidasi)

Che cos'è l’E.P.D.?

Il trattamento E.P.D. (Enzyme Potentiated Desensitization) è una terapia desensibilizzante aspecifica che consiste nella inoculazione intradermica, sulla parte volare del braccio, di dosi estremamente basse di allergeni unite all’enzima Betaglicuronidasi, una proteina già presente nell’organismo umano.

La quantità di vaccino iniettata ha la dimensione di una piccola goccia (0,05 ml).

L'iniezione provoca una minuscola bolla ed una sensazione di lieve bruciore che solitamente si risolvono in una decina di minuti.

Il paziente viene invitato ad attendere circa 30 minuti dopo ogni somministrazione per poter osservare eventuali reazioni alla terapia.

Uno dei punti di forza dell'E.P.D. è l'uso, per ogni trattamento, di molte varietà di allergeni.

Questo ha un duplice vantaggio:

1.     il paziente viene trattato anche per sostanze verso le quali non sospetta l’allergia

2.     aiuta il paziente a prevenire l'insorgere di nuove allergie, oltre che naturalmente eliminare quelle già presenti.

Quali allergeni vengono miscelati?

Esistono varie miscele di allergeni, fra cui i cibi più comuni, i pollini, le polveri e varie sostanze volatili (muffe, spore, epiteli di animali, etc).
A ciascun paziente viene somministrata la miscela di allergeni più adatta alle sue esigenze.

Per che cosa viene usato l’E.P.D.?

L'E.P.D. è stato usato con successo nel trattamento di asma, febbre da fieno (riniti), eczema, orticaria, angioedema, sindrome del colon irritabile, sindrome da stanchezza cronica, emicrania, iperattività infantile ed è particolarmente efficace in presenza di un insieme delle condizioni descritte.

L'E.P.D. non viene usato per il trattamento di dermatiti da contatto, allergia verso l'aspirina o verso le punture di insetti.

E' sicuro?

La quantità di allergeni somministrata con ogni dose di E.P.D. non è mai superiore alla dose che viene somministrata di solito con un prick test.
Per questa ragione, l'E.P.D. è un trattamento molto più sicuro delle terapie di desensibilizzazione convenzionale.

E' efficace?

Esperimenti clinici hanno dimostrato che l'E.P.D. è efficace in più dell'80% dei pazienti; in altre parole, su 5 pazienti le cui allergie sono state correttamente identificate, 4 ricevono beneficio dal trattamento.

L'E.P.D. può essere efficace in quei pazienti che presentano una molteplicità di sintomi e/o patologie.

Dopo quanto tempo si notano i primi miglioramenti?

Sono necessari circa 24 giorni affinché "le cellule T" maturino; solitamente non si notano differenze nella sindrome allergica prima che sia trascorso questo tempo.

La risposta alla prima dose di E.P.D. è variabile, molti pazienti mostrano già i primi benefici, altri invece non migliorano, e alcuni possono, in rari casi, mostrare qualche peggioramento.

I pazienti affetti da eczema, iperattività e sindrome da stanchezza cronica sono quelli che più spesso, dopo la prima dose di E.P.D., mostrano un peggioramento, sebbene passeggero, dei sintomi.

Le successive somministrazioni non hanno effetti negativi sul paziente.

Quante iniezioni sono necessarie?

Nel caso di semplici allergie, come ad esempio quella alla polvere di casa, sono sufficienti 2 o 3 iniezioni per osservare miglioramenti.

In caso di febbre da fieno, si possono ottenere significativi miglioramenti già con una o due iniezioni somministrate prima dell'inizio della stagione della pollinosi.

Altre situazioni possono richiedere 4 o più somministrazioni prima che si noti un reale miglioramento.

Eventuali ricadute possono verificarsi dopo 5 o 6 anni, e per questo si può ricorrere a dosi di richiamo.

In generale, la risposta più efficace si è ottenuta consigliando 2 dosi all'anno (febbraio - marzo e ottobre - novembre) per tre anni, per un totale di 6 dosi.

E’consigliata una settima ed una ottava dose di richiamo distanziate di un anno.

Ci sono effetti collaterali?

Gli effetti indesiderati si possono tenere sotto controllo seguendo accuratamente alcune indicazioni.

E' assolutamente normale un leggero pomfo nella zona di somministrazione, ma si tratta di un fenomeno che si risolve velocemente.

Nelle ore successive può comparire un rigonfiamento, che può persistere fino a 3 giorni e che solitamente inizia a scomparire dal quarto giorno; raramente il gonfiore può riguardare l'intero braccio.

Non ci sono reazioni pericolose; i disturbi vanno trattati con antistaminici e non con creme o unguenti.

Fra gli altri effetti collaterali, può verificarsi un momentaneo peggioramento dei sintomi dell'allergia trattata, come nel caso di starnuti, orticaria, ecc.

Questi disturbi solitamente scompaiono nell'arco di pochi giorni; in alcuni casi possono persistere per qualche settimana o, molto raramente, per qualche mese.

Per qualsiasi reazione di natura e di entità differenti consultare il medico.

MEDICI AUTORIZZATI AD EFFETTUARE LA TERAPIA

La terapia può essere somministrata da medici specializzati in allergologia e/o che hanno seguito un corso specifico per la somministrazione dell'E.P.D.

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